Carpi tra controllo e contropiede: cronache di ordinario disordine


Carpi tra controllo e contropiede: cronache di ordinario disordine

Ieri a Carpi si è consumato un piccolo teatro dell'assurdo che merita qualche riflessione. Da una parte 410 armi mandate al tritacarne della rottamazione, dall'altra un tunisino denunciato per spaccio sulla Strada Nazionale. Nel mezzo, il calcio che fa da collante sociale con i campioni biancorossi che conquistano i bambini e le ragazze che si preparano al weekend di fuoco. Una giornata che racconta molto di noi, forse più di quanto vorremmo ammettere.

Partiamo dalle 410 armi finite nel tritacarne. Un numero che fa riflettere: significa che nella nostra provincia c'erano almeno 410 persone che tenevano in casa fucili e pistole senza più i requisiti per farlo. Il controllo delle armi non è burocratizzazione fine a se stessa, ma il tentativo di dare un senso al caos quotidiano. Dal 2019 chi detiene armi deve presentare ogni cinque anni un certificato di idoneità psicofisica. Sembra poco, ma in realtà è molto: significa ammettere che le persone cambiano, che la responsabilità ha una scadenza e va verificata.

Mentre la Questura faceva pulizia negli armadi domestici, sulla Strada Nazionale andava in scena l'eterno ritorno dell'uguale: un controllo di routine che diventa cronaca. Un venticinquenne tunisino, irregolare sul territorio, trovato con cocaina. La marginalità che si fa visibile nel momento sbagliato, nel posto sbagliato. Niente di eccezionale, niente che non sia già successo decine di volte. Eppure questa ripetitività dice qualcosa sul nostro modo di affrontare - o non affrontare - i problemi.

Il paradosso è evidente: da un lato si controllano minuziosamente i cittadini regolari che hanno armi legali, dall'altro si rincorre chi vive ai margini della legalità. Due mondi paralleli che si toccano solo nel momento del controllo, della denuncia, della cronaca. Come se la sicurezza fosse una questione di protocolli burocratici piuttosto che di integrazione sociale.

Fortunatamente c'è il calcio a ricordarci che esistono anche altri modi di stare insieme. La cena dei giovani dell'Academy Carpi al Cinema Ariston si trasforma in un momento di pura magia quando arrivano Panelli, Salle e Cortesi. Il calcio come linguaggio universale, capace di creare ponti dove altri costruiscono muri. I bambini che incontrano i loro idoli imparano che i sogni hanno gambe per correre, e questa lezione vale più di mille controlli.

Anche le ragazze del calcio femminile contribuiscono a questo racconto di normalità che funziona. La Prima Squadra che sfida La Rocca, l'Under 15 che va a Formigine: microcosmi di impegno e passione che crescono lontano dai riflettori ma costruiscono comunità.

Quello che emerge da questa giornata carpigiana è un ritratto a chiaroscuri della nostra città. Da una parte l'efficienza delle istituzioni che controllano, verificano, denunciano. Dall'altra la vitalità di una comunità che si riconosce nel calcio, nei suoi riti, nelle sue emozioni condivise. Nel mezzo, la consapevolezza che i problemi veri - l'integrazione, la marginalità, la sicurezza intesa come benessere collettivo - richiedono qualcosa di più complesso del semplice rispetto delle procedure.

Forse la vera lezione di ieri è questa: Carpi funziona quando riesce a essere comunità, quando i suoi pezzi si parlano invece di limitarsi a controllarsi. Le 410 armi rottamate ci dicono che sappiamo essere responsabili, i bambini che abbracciano i calciatori ci ricordano che sappiamo ancora sognare. Il resto, come sempre, è lavoro in corso.



🏛️

Assistente Ombra

Online