Quando il Modenese dice basta: lo sciopero che ha fermato tutto


Quando il Modenese dice basta: lo sciopero che ha fermato tutto
Era il 29 novembre e in provincia di Modena le sirene delle fabbriche sono rimaste mute. Non per festa, ma per protesta. Lo sciopero generale promosso da Cgil e Uil ha mosso oltre 10.000 persone in piazza Grande a Modena, in una manifestazione che ha fotografato perfettamente il malessere di lavoratori, pensionati e cittadini. E per una volta, la matematica non mente: 60% di adesioni medie in provincia. Un dato che fa riflettere.

I numeri che parlano chiaro

Dietro ogni percentuale c'è una storia. Safim Srl di Modena con l'85% di adesioni, Emmegi di Soliera al 90%, Titan a Finale Emilia al 70%. E poi le costruzioni: il centro servizi Cmb Carpi chiuso al 100%, così come Diana Srl e Lbs. Nel settore alimentare, Caviro ha toccato il 90% di adesioni, mentre Granterre si è fermata al 60-70% tra salumifici e caseifici. Ma il dato più simbolico arriva dalle scuole: da Carpi a Modena, da Sassuolo a Mirandola, nidi e scuole dell'infanzia hanno abbassato le serrande. I nidi Peter Pan, Rodari, La Civetta, Scarabocchio - nomi che ogni genitore conosce - hanno lasciato a casa centinaia di bambini. Un messaggio chiaro: chi si prende cura del futuro oggi non ha certezze per il proprio.

Voci dalla piazza che contano

Sul palco di piazza Grande non sono saliti solo i sindacalisti. Ha parlato un delegato della Gambro Vantive di Medolla, dove 500 lavoratori vivono nell'incertezza dopo l'acquisizione del fondo americano Carlyle. "Vogliamo un futuro per il nostro stabilimento", ha detto, eco di una vertenza che tocca il cuore del biomedicale modenese. C'era anche il metalmeccanico della Partena di Carpi, fresco di vittoria dopo 40 ore di sciopero per il rinnovo contrattuale. Una battaglia vinta che dà speranza alle altre.

Sanità al collasso, università in affanno

Gli ospedali? Ferme le sale day surgery di Baggiovara, mentre al Policlinico di Modena e all'ospedale di Mirandola il personale era già sotto i minimi. Paradosso amaro: non potevano scioperare perché mancano colleghi. Come ha sottolineato il segretario Alessandro De Nicola: "È necessario calare il velo di ipocrisia - se non ci si vergogna a parlare di rottamazioni e sanatorie perché ci dovremmo vergognare di parlare di patrimoniale?" E mentre gli studenti di UduMore denunciavano il caro affitti che strangola chi studia, i ricercatori di Unimore guardano con angoscia la fine dei fondi Pnrr: 200 contratti a rischio. Il futuro della conoscenza appeso a un filo di bilancio.

Tra caro affitti e pensioni che non bastano

Il rappresentante del Sunia ha dipinto un quadro fosco: a Modena affittare casa è diventato un lusso, gli sfratti aumentano e i giovani fuggono. I pensionati? Chiedono rivalutazioni mentre il governo cancella Quota 103 e Opzione Donna.

Il messaggio che resta

"Oggi non si conclude un percorso di mobilitazione e nemmeno inizia", ha chiuso De Nicola. Parole che suonano come un impegno per il futuro, mentre la piazza si svuotava lentamente, lasciando nell'aria la sensazione che qualcosa stia davvero cambiando. Perché quando il 60% di una provincia dice basta, forse è il caso di ascoltare. E noi carpigiani, da sempre abituati a rimboccarci le maniche, sappiamo che dietro ogni sciopero c'è la speranza di giorni migliori. Anche quando il presente sa solo di incertezza.
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